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Michael Skinner nacque nel 1941 a Rochester, una città nello Stato di New York. Crebbe con la sorella Mary Ellen, in una famiglia agiata, benestante, con discendenze inglesi, irlandesi, tedesche e olandesi.
Il padre era un capo dipartimento alla Kodak, l’azienda di pellicole cinematografiche e fotografiche, e aveva progetti nel settore per il futuro del figlio Michael, nonostante non gli abbia mai messo pressione al riguardo. Michael infatti ricorderà la sua infanzia come un periodo amabile, meraviglioso, trascorsa tra una partita di backgammon, bowling e golf.
Durante la sua crescita si rivelò essere timido ed introverso, imbarazzato a causa del suo aspetto, aveva infatti le orecchie a sventola, e un viso butterato. Ma quando incontrò la magia, tutto cambiò. Gli diede una confidenza, una fiducia in sé stesso, una personalità, una certa potenzialità capace di attrarre gli sguardi meravigliati di molti. Tale possibilità, gli diede una carica e un’ispirazione travolgenti, che lo portarono ad allenarsi per una media di 8 – 10 ore al giorno. Quell’incontro risale al 1959, Michael aveva 17 anni, quando un suo compagno di classe gli prestò un libro della biblioteca locale intitolato “The Amazing World of John Scarne”, l’autobiografia del
famoso gambler, di cui si dicesse fosse capace di qualsiasi gesta con un mazzo di carte. L’idea affascinò Michael e si concretizzò definitivamente quando, non sapendo bene a cosa andasse incontro, ordinò tramite catalogo postale la sua copia de “The Expert at the Card Table”. Da quel momento iniziò a risparmiare, accumulare e spendere, il denaro guadagnato come “pinsetter” (posizionatore di birilli del bowling), per acquistare tutto ciò che le sue finanze potessero permettergli. In questo periodo studiò come autodidatta esibendosi nelle festività di fronte ai suoi familiari.
Passarono, infatti, parecchi anni prima che Michael incontrasse qualcuno che gli insegnasse qualcosa sull’arte della magica, finché ad una convention a Batavia, New York, la sua strada incrociò quella di Eddie Fechter. Michael lo descrisse come un omone, con le braccia grandi almeno quanto le sue gambe ma contraddistinto da un’eleganza performativa notevole. Eddie quindi prese Michael sotto la sua ala, il quale si recò a casa del maestro quasi ogni weekend per circa 4 anni, a Buffalo, a ben 70 miglia (circa 112km) dalla sua abitazione. Dopo lo studio seguì la pratica, Eddie infatti lo portò a bar e night clubs dove Michael iniziò ad esibirsi per un sostanzioso pubblico. Durante queste uscite capì inoltre che prediligeva performare per piccoli gruppi di persone, non si sentiva a proprio agio sotto ai riflettori, ne era in grado, ma preferiva ’atmosfera e le vibrazioni che riusciva a creare con il suo pubblico in quello spazio circoscritto. Dopo 2 anni di college, nei quali non si votò allo studio delle discipline curricolari, iniziò a lavorare per la Xerox Corporation dedicandosi alla costruzione di stampanti.
La sua diligenza nei confronti della magia non cessò, infatti ogni giorno si recava a lavoro con un mazzo di carte in mano e riusciva a ritagliarsi una ventina di minuti ogni paio d’ore da devolvere allo studio di testi magici. Dopo 5 anni di servizio, si licenziò, acquistò un auto e si trasferì a Los Angeles, correva l’anno 1967.
Michael era bramoso di vedere il Magic Castle e di conoscere il leggendario Dai Vernon, di cui aveva tanto appreso dai suoi insegnamenti su carta. E così fece, si recò direttamente al Castle e si presentò al Professore, ormai 75enne con il sigaro costantemente arpionato fra le labbra. Michael ne fu elettrizzato, aveva d’innanzi a sé ciò che sarebbe voluto diventare, egli stesso lo definì “un moderno Merlino, che aveva elevato il close-up a forma d’arte, ed era così meravigliosamente umile, compassionevole, clemente e comprensivo.”. Quella stessa sera un altro mago si trovava al Castle, Ron Wilson, il quale offrì alloggio a Michael finché non si fosse stabilito; vissero insieme per ben 2 anni.
Michael negli anni a venire condivise l’alloggio con molte personalità affermate, tra cui David Roth, e l’idolo di sempre Tony Slydini. Michael descrisse questi primi mesi di permanenza a LA come un periodo incantato, principalmente perché stava facendo ciò che aveva sempre desiderato. Divenne quindi un “mago vagabondo”, lavorava nei negozi di magia di giorno e trascorreva le serate in compagnia di Dai Vernon. Succesivamente trovò impiego a dei party privati a Beverly Hills, e in seguito all’assunzione di un agente, apparve in televisione come ospite al Tonight Show; iniziò inoltre a lavorare anche nelle crociere. Durante la sua permanenza al Magic Castle, Michael si esibiva in 4 spettacoli al giorno, per 7 giorni a settimana; ogni spettacolo durava circa 20 minuti e comprendeva 7 – 8 effetti. Una notte, un collega mago gli lanciò una sfida, ossia quella di continuare ad esibirsi finché non avesse ripetuto un singolo effetto. Ciò che non sapeva, è che Michael era un’enciclopedia vivente e conosceva migliaia di effetti. All’inizio della seconda settimana di spettacoli, un assistente manager del Castle gli chiese di desistere perché si era sparsa la voce a tal punto che moltissimi colleghi maghi si accalcavano quotidianamente per vederlo, non lasciandone la possibilità ai clienti paganti.
Michael, all’epoca, stimò di aver padroneggiato circa 2000 effetti, e di aggiungerne 50 – 75 al suo repertorio ogni anno.
La svolta per la sua carriera avvenne nel 1975, quando il suo agente lo introdusse a Steve Wynn il proprietario del casinò Golden Nugget, Las Vegas, Nevada. Steve, dopo essere stato intrattenuto da Michael per un’ora, gli offrì ciò che sarebbe diventato il suo lavoro per la vita; divenne infatti il “resident magician” del casinò per più di 20 anni. Riguardo questa esperienza lavorativa a stretto contatto col pubblico egli disse: “Non voglio essere una minaccia per le persone, se la magia riesce bene, rideranno, e da ciò, dall’esserne ingannati, ne deriverà del vero godimento. Li riporto ai tempi dell’infanzia. Inoltre posso far sì che mi parlino di loro stessi. Se mostri un genuino interesse ti racconteranno ogni cosa della loro vita. La magia è come un veicolo, un mezzo che mi permette di giungere al loro tavolo, di farmi conoscere e far sì che vogliano ritornare a trovarmi.” Negli ultimi anni della sua vita, Michael soffrì di tremiti, probabilmente a causa di un effetto collaterale di un farmaco che assumeva; infine nel 1998, alla giovane età di 57 anni, Michael
Skinner morì.
Nell’introduzione del suo libro “Classic Sampler”, un suo caro amico, Allen Okawa scrive di lui: “Michael Skinner è un tipo tranquillo, un gentleman senza pretese, piuttosto riservato. Durante le mie visite a Las Vegas, fui spesso ospitato a casa sua, ed ho potuto constatare che è un’artista che vive e respira magia 24 ore al giorno. È la sua vita, e l’influenza della magia si nota in continuazione nella sua quotidianità, persino in cucina! Tutti gli armadietti e i cassetti, dove normalmente ci sono posate e stoviglie, sono colmi di magia. Una volta infatti mi disse che la sua cucina era piuttosto superflua visto che mangiava sempre fuori casa.” Una frase celebre con cui spesso accompagnava i suoi effetti era: “Watch closely now, because the closer you watch, the less you see, and the less you see,
the better for me.”
Pubblicazioni:
• Michael Skinner’s Intimate Magic (1982)
• Classic Sampler (1996)